Luglio-Agosto 2022

Firenze Ebraica. Bimestrale toscano di notizie e cultura ebraica.
Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 3628 del 3.11.1987

Direttrice responsabile:
Hulda Brawer Liberanome


Redazione:
Renzo Bandinelli
Wlodek Goldkorn
Paola Jarach Bedarida
Daniela Nencini
Milka Ventura Avanzinelli


e-mail: redazione@toscanaebraica.it


Comunità ebraica di Firenze
Via Luigi Carlo Farini, 4
50121 Firenze
Tel. 055 245252 – Fax 055 241811
e-mail: abbonamenti@toscanaebraica.it

ISSN 2612-0895 (Ed. cartacea)
ISSN 2784-854X (Ed. digitale)


Impaginazione e stampa:
Nova Arti Grafiche srl – Signa (Firenze)

I numeri di Toscana ebraica sono consultabili presso la Biblioteca Marucelliana
di Firenze e la Biblioteca della Comunità ebraica di Firenze

Indice

Lettera ai lettori Hulda Brawer Liberanome

Festività e pensiero ebraico

Lag ba‘Omer, un giorno denso di misticismo Francesca Valentina Diana
Le rivolte ebraiche del II secolo e.v. e Lag ba‘Omer Hulda Brawer Liberanome e Daniela Nencini  

Cultura

La storia non è destino: pensieri sulla guerra russa contro l’Ucraina e sul passato ebraico nella regione Elissa Bemporad
Storie di una diaspora. Intervista a Samuel Zarrugh Claudia Damari
Il “D-o unico” di Metastasio Umberto Fortis
Ostjuden di Primo Levi  (7 febbraio 1946) Fabrizio Franceschini 
1700 anni di vita ebraica in Germania Giorgio Jellici 
Una parokhet da salvare Dora Liscia Bemporad
La Scuola rabbinica di Varsavia (1826-1863) Jan Władysław Woś 

Shoà, Genocidi, Resistenza

La famiglia Millul. Come venne salvata dal signor Francesco Bertolini di Calci Piero Nissim

Israele

La guerra della Russia contro l’Ucraina Tullio Sonnino 
Chalal Kaful Tullio Sonnino

Domande e risposte ‘al reghel achat

«Faremo e ascolteremo» Filippo Tedeschi 

Dalle Comunità

Firenze

Cronaca, storia e ricordo Renzo Bandinelli
Emergenza Ucraina. Intervista a Anastasia Vendrov Daniela Nencini 

La voce dei ragazzi

Shabbat Qedoshim. Cercare di essere giusti derashà di Leone Ariel Catalucci 
Shabbat Emor derashà di Rebecca Fresenga
Shavu’ot derashà di Elinor De Santi

Anagrafe

Varie

L’elegante caparbietà di Evelyne Aouate rav Gadi Piperno
Una delle prime iniziative di rav Margulies Lionella Neppi Modona Viterbo

In Versi

 Ar cimitero Piero Nissim

Libri e film

Le terre dello sciacallo recensione di Renzo Bandinelli 
L’asilo di Amsterdam recensione di Marinella Mannelli 
Gila Almagor e L’estate di Aviha recensione di Lionella Neppi Modona Viterbo 


Biblioteca: Nuove accessioni a cura di L. E. Funaro


Segnalazioni

Lettere

Fuori strada e a senso vietato Alfredo Caro
Le Comunità ebraiche: un modello da riformare Sandro Ventura

Ricordo di

Piero Rabà Piero Ventura 
Guidobaldo Passigli Rebecca Passigli; Valentina Belgrado 

Auguri della Redazione

Lettera ai lettori

Scrivo mentre è in pieno svolgimento la tragica guerra fra la Federazione Russa e l’Ucraina. Il primo è il più esteso Stato del pianeta, abitato da circa 149 milioni di persone tra popolazioni che variano per etnia, lingua, cultura e storia fra le quali la componente russa è la più importante dal punto di vista politico, militare e culturale, e che ora ha invaso l’Ucraina, a sua volta abitata da 45,5 milioni di persone compresa una minoranza russa abbastanza concentrata nelle zone orientali confinanti con la Russia stessa. L’Ucraina – pur essendo stata per secoli parte integrante prima dell’Impero russo zarista e poi di quello sovietico – ha dichiarato la propria indipendenza dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica (1991) e si è dimostrata unita e determinata a difendersi dall’invasione russa del 24 febbraio. È un Paese importante per la storia ebraica dal punto di vista numerico, culturale (anche per la nascita della lingua ebraica parlata, ancor prima del sionismo, e per il centro culturale di Odessa), religioso (soprattutto per il chassidismo, ma non solo) e politico, per il forte Bund (sindacato dei lavoratori ebrei), per i partiti antiregime zarista e il movimento sionista. Toscana ebraica dedica particolare attenzione all’Ucraina ebraica che prima della Shoà fu appunto uno dei maggiori centri del nostro popolo.
Elissa Bemporad dà un quadro generale della storia degli ebrei in Ucraina, dai pogrom antiebraici ai tempi della rivolta cosacca contro gli zar russi (1648-49) capeggiata da Bohdan Khmielnitsky con l’assassinio di almeno 100 mila ebrei, fino ad oggi, con la rinascita postbellica di alcune comunità. L’autrice sottolinea che durante i dibattiti politici antecedenti le elezioni del presidente ucraino Zelensky nessun suo avversario ha usato contro di lui il suo essere ebreo, anche se in Ucraina l’antisemitismo è abbastanza diffuso anche oggi, nonostante i tragici ricordi delle deportazioni, dei massacri e dei Campi di concentramento ai quali hanno partecipato attivamente non pochi ucraini durante gli anni della Shoà.
Anastasia Vendrov, nata in Ucraina (oggi vive a Firenze ed è iscritta alla nostra Comunità), racconta (intervista di Daniela Nencini) la storia della sua famiglia sopravvissuta alla Shoà e dei genitori che hanno aperto a Kiev la scuola ebraica. Lei stessa ci descrive l’organizzazione che ha creato, con l’appoggio di alcuni membri della Comunità e di altri fiorentini, per inviare settimanalmente aiuti alla popolazione civile in Ucraina. «Vorrei – dice – in qualche modo restituire all’umanità quello che la mia famiglia ha ricevuto più volte». 
Tullio Sonnino scrive dei lodevoli tentativi dello Stato di Israele che, accogliendo un notevole numero di emigrati provenienti dalla Russia e dall’Ucraina, cerca di contribuire agli sforzi internazionali di porre fine alla guerra. Sulla stampa israeliana si leggono inoltre scritti di chi teme che un ulteriore ritiro degli USA dal Medio Oriente possa mettere Israele in una condizione simile all’esperienza ucraina, un timore però lontano dall’intervento del primo ministro israeliano Bennet alla riunione di Davos (25 maggio 2022) che parla invece di un Medio Oriente che si sta trasformando, almeno in parte, in un’area di collaborazione e di innovazione.
Lag ba ‘Omer è l’argomento della sezione di Festività e pensiero ebraico, legato alle vicende della rivolta (132-135 e.v.) tragicamente fallita contro l’occupazione romana e capeggiata da Bar Kokhbà con il sostegno di rabbi ‘Aqiva. Il risultato fu non solo l’eliminazione perfino del nome di Gerusalemme, diventata Elia Capitolina con un tempio dedicato a Giove al posto del nostro Tempio, ma anche la totale distruzione della Giudea ebraica, ricostruita parzialmente solo dall’inizio del 1900 in poi con i villaggi e i kibbutzim costruiti da ebrei venuti da molti Paesi del mondo o nativi del luogo. Per darvi un quadro storico basato, fra l’altro, anche sulle fonti più vicine all’epoca della rivolta, pubblichiamo due articoli, uno di Daniela Nencini e mio, e l’altro di una giovane studiosa, Francesca Valentina Diana.
Richiamo la vostra attenzione sulla risposta di Filippo Tedeschi alla domanda di una lettrice sul significato delle parole della Torà «na‘asé wenishma‘» (faremo e ascolteremo), cioè se l’osservanza dei precetti deve intendersi antecedente alla loro conoscenza oppure no.

Rav Gadi Piperno, scrivendo della nuova sinagoga di Palermo aperta cinque secoli dopo l’espulsione degli ebrei dalla Sicilia (1492-93), ricorda Evelyne Aouate venuta a mancare recentemente che ha dedicato la vita alla rinascita dell’ebraismo siciliano e soprattutto di Palermo. È soprattutto grazie a lei che si deve la riapertura della sinagoga in una ex chiesa – Santa Maria del Sabato – nel quartiere che fu abitato dagli ebrei. L’opera di Evelyne è, penso, un esempio per tutti noi e me ne sono convinta quando – a Palermo – l’ho incontrata qualche anno fa. Sapeva unire alla convinzione nelle sue idee la capacità di realizzarle anche attraverso i suoi contatti con numerosi ambienti ebraici e israeliani e, localmente, con enti cittadini, regionali e nazionali, con la Chiesa e il mondo accademico. La scomparsa di Evelyne, afferma rav Gadi, è una perdita per l’ebraismo italiano.     
Giorgio Jellici descrive i 1700 anni di storia degli ebrei vissuti nei vari Stati che oggi compongono la Germania, ricordati recentemente dal presidente della Repubblica della Germania Frank-Walter Steinmaier. Ad eccezione della storia degli ebrei in Italia che supera ampiamente i duemila anni di durata, quella tedesca è certamente la più lunga presenza ebraica in Europa segnata da tragici episodi di persecuzioni e di massacri che hanno spinto numerosi ebrei tedeschi e di altre parti dell’Europa occidentale ad emigrare verso l’allora grande Impero polacco, che offriva loro protezione e diritti. La consistenza e la durata dell’immigrazione ebraica fu tale da trasformare gli Stati nati dalla disgregazione di quell’Impero (Polonia, Ucraina, Paesi Baltici, Bielorussia e parti di Russia) nei maggiori centri del nostro popolo fino alla Shoà, dove vivevano milioni di ebrei che parlavano e scrivevano lo yiddish, un dialetto tedesco.
Fabrizio Franceschini parla nel suo articolo della bellissima poesia di Primo Levi Ostjuden (1946), non molto conosciuta, e sul termine Ostjuden (ebrei dell’Est), affermatosi con la grande migrazione di ebrei dall’Europa orientale verso l’Occidente nel 1900 e che aveva connotati negativi. Il termine è stato ampiamente utilizzato nei piani dello sterminio nazista inizialmente pensato appunto per gli Ostjuden. Franceschini si sofferma anche sui primi passi del famosissimo romanzo di Levi La tregua e descrive come nel romanzo Levi affronta la situazione postbellica alla quale ha dedicato scritti e molta della sua attività.
La storia dello sradicamento di una importante e antica comunità ebraica, quella della Libia, esistente per oltre duemila anni, è raccontata da Samuel Zarrugh, già presidente della Comunità di Livorno, a Claudia Damari che lo ha intervistato. Èprofonda la sua sofferenza per il distacco da quella che considerava la sua patria, tanto da non voler ritornarci più, e grandi gli sforzi per adattarsi a un nuovo ambiente dove costruire una vita diversa. 
Dora Liscia Bemporad scrive della parokhet ricamata a Firenze con il vessillo della prima bandiera sionista piaciuta a suo tempo a Herzl. Era il periodo fiorentino di rav Margulies, noto maestro, rabbino capo e anche strenuo sionista. «È un simbolo per la Comunità di Firenze di un’epoca in cui è stata protagonista nella storia ebraica italiana», scrive Liscia.
Guidobaldo Passigli, membro molto attivo della Comunità di Firenze di cui è stato anche presidente, è ampiamente ricordato dai suoi famigliari. È stato uno dei quattro liceali che formarono il primo gruppo al quale ho insegnato la lingua ebraica poco dopo il mio arrivo a Firenze e anche l’unico di loro con il quale ho mantenuto contatti da allora, anche se non ci vedevamo spesso. Poche settimane prima di venire a mancare è venuto a trovarmi per darmi il libro delle memorie dei suoi nonni e genitori, del padre che ha conosciuto poco perché morto di malattia quando lui era bambino, della sua vita con la giovane mamma durante le persecuzioni razziali, e del dopoguerra, con la mamma sposata con Shulim Vogelmann che gli ha fatto da padre e con il quale – finiti gli studi – ha lavorato nella tipografia Giuntina fino alla chiusura qualche anno fa. Nonostante le dure esperienze è riuscito a creare una bella famiglia alla quale era molto legato. Abbiamo parlato molto e a lungo. Cercavo di convincerlo a scrivere ancora. Era incerto e così abbiamo deciso di rivederci. Mi sembrava il solito Guidobaldo. Poco dopo si è gravemente ammalato e in poco tempo è venuto a mancare. A nome dei membri della Redazione di Toscana ebraica vorrei esprimere la nostra partecipazione alla sua famiglia.

Il numero 4 del 2022 contiene, come sempre, molti altri articoli e recensioni di cui cinque appaiono anche sul nostro sito. 

Buona lettura 

Hulda Brawer Liberanome          

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