Firenze Ebraica. Bimestrale toscano di notizie e cultura ebraica. Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 3628 del 3.11.1987
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Hulda Brawer Liberanome
Redazione:
Renzo Bandinelli
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ISSN 2612-0895 (Ed. cartacea) ISSN 2784-854X (Ed. digitale)
Impaginazione e stampa:
Nova Arti Grafiche srl – Signa (Firenze)
I numeri di Toscana ebraica sono consultabili presso la Biblioteca Marucelliana
di Firenze e la Biblioteca della Comunità ebraica di Firenze
Indice
Lettera ai lettori Hulda Brawer Liberanome
Cultura
L’educazione prescolare nel ghetto Umberto Fortis
Il teatro Habima di Mosca. Uno spettacolo in ebraico (31 gennaio 1922)Francesca Fici
Zygmunt Bauman, il sociologo che non rinnegò mai le proprie origini Jan Władysław Woś
Giornata europea della Cultura ebraica
Giornata europea della Cultura ebraica, 10 settembre 2023 Saluto della presidente UCEI Noemi Di Segni
Giornata europea della Cultura ebraica a Firenze Renzo Bandinelli
Shoà, Genocidi, Resistenza
Memoriale degli italiani di Auschwitz Renzo Bandinelli
Israele
Senza parole Tullio Sonnino
Manifestazioni toscane in appoggio a Israele
Manifestazione per Israele a Firenze interventi di Enrico Fink e di rav Gadi Piperno
Presidio di Italia-Israele a Livorno Guido Servi
Domande e risposte ‘al reghel achat
L’organo in sinagoga Filippo Tedeschi, Ufficio rabbinico di Firenze
Dalle Comunità
Firenze
11 agosto 1944 – 11 agosto 2023: Firenze si libera Jacopo Bandinelli
Comunicato stampa della Comunità ebraica di Firenze sulla manifestazione cittadina indetta per il 23 ottobre
Marcia per la pace a Firenze indetta da padre Bernardo Emanuele Viterbo
Pisa
Adele Nissim D’Ancona. Errori tombali nel cimitero di Pisa Piero Nissim
La voce dei ragazzi
Shabbat Nitzavim derashà di Leo Yoel Neppi Ventura
Shabbat Bereshit derashà di Susanna Robes
Anagrafe
Varie
Henry Kissinger Giorgio Jellici
Le molteplici attività di rav Margulies Lionella Neppi Modona Viterbo
In Versi
Una storia in due puntate Piero Nissim
Cadere Alessandro Nocchi
Noi ricordiamo Sandro Ventura
A tutto tondo Ariel Viterbo
Libri e film
Trento 1475. Storia di un processo per omicidio rituale recensione di Renzo Bandinelli
Echi di cura presentazione di Luciana Coèn
Vieni tu giorno nella notte recensione di Marinella Mannelli
Uno strano destino recensione di Lionella Neppi Modona Viterbo
Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni recensione di Tullio Sonnino
Biblioteca. Nuove accessioni a cura di L. E. Funaro
Segnalazioni
Lettere
Tutti e buoni rav Gadi Piperno
Ricordo di
Guidobaldo Passigli Lionella Neppi Modona Viterbo
Federico Benadì Carla Neppi Sadun; Costanza Grossi
Bruno Segre Sandro Ventura
Auguri della Redazione
Lettera ai lettori
Con questo numero chiudiamo il trentaseiesimo anno di Toscana ebraica, mentre Israele si difende dall’attacco di Hamas contro civili ebrei israeliani condotto con indescrivibile crudeltà. Non si tratta solamente di un conflitto fra uno Stato organizzato e gruppi ben armati di estremisti islamici palestinesi che da anni governano la Striscia di Gaza con il suo milione e mezzo circa di cittadini, in totale disaccordo con l’Autorità palestinese guidata da Abu Maazen. Il conflitto locale fa parte di uno scenario ben più ampio che vede gli Stati Uniti e l’Occidente da un lato e Russia e Iran dall’altro, riguardo la sfera di influenza nell’ampia zona del Medio Oriente e degli Stati del Nord Africa. Hamas ha potuto usare armi sofisticate che certamente arrivano da lontano e i suoi militanti sono stati addestrati e bene non solo in Siria, strettamente legata all’Iran e alla Russia. La guerra in Israele fa parte di un quadro assai ampio, nel quale c’è chi è interessato a inserire anche pregiudizi antiebraici, sempre esistenti in una forma o in un’altra, anche in Italia. Infatti il governo italiano ha immediatamente pensato alla sicurezza dei luoghi chiaramente identificabili con le Comunità ebraiche o con Israele. La guerra non ha fatto interrompere le ripetute e continue manifestazioni contro il governo di coalizione di destra capeggiato da Benyamin Netanyahu che da molti mesi si svolgevano in numerose città e cittadine israeliane. Tuttavia è una guerra che Israele combatte sostanzialmente diviso e forse anche su questo fatto Hamas ha contato. Il primo successo dei sostenitori di Hamas è l’aver fatto rimandare l’accordo caldamente sostenuto dagli USA fra Israele e Arabia Saudita. Inoltre, è notevolmente aumentato il prezzo del petrolio danneggiando fra l’altro l’economia europea, in depressione in tutta l’Europa occidentale compresa l’Italia.
In questo quadro noi ebrei italiani siamo osservati in modo particolare perchè considerati vulnerabili in quanto intimamente legati a Israele, a prescindere da eventuali opinioni individuali. È un momento di divisione fra coloro di noi che desiderano manifestare in pubblico il loro appoggio a Israele e incoraggiare la popolazione non ebraica a dimostrare il suo sostegno, e altri che aspettano l’iniziativa di chi in un certo senso preferisce agire all’interno delle comunità e aspettare che il mondo esterno in cui viviamo si muova. A suo tempo David Ben Gurion ha detto che per il nostro popolo è difficile uscire dal ghetto. Parlava di mentalità, di un modo di agire e di pensare, lui che invece era un lottatore che ha lasciato un’importante impronta nella storia del nostro popolo. In un certo senso è più facile vivere nel ghetto, non dovendo così affrontare il mondo esterno né eventuali opinioni che possano irritarci.
A suo tempo in varie sedi del Partito comunista si organizzavano serate pro-palestinesi che in sostanza erano estremamente anti-israeliane. Ricordo con dispiacere che a questi incontri della nostra Comunità normalmente andavano due o tre israeliani e un ebreo locale, un vero “combattente”. Spero di sbagliare – e forse ce n’erano anche altri sicuramente in ambienti privati – ma ad affrontare la durezza di un contesto pubblico apertamente ostile erano pochissimi.
Diversa la situazione questa volta, con l’attacco a sorpresa dei fanatici nazional-islamici di Hamas contro civili israeliani, costato la morte di circa 1400 ebrei israeliani, senza contare decine di bambini trucidati e decine di ostaggi, compresi alcuni bambini, che secondo fonti israeliane arrivano perlomeno a 240 persone. In Italia si sono mobilitate non solo tutte le Comunità ebraiche ma direi anche milioni di italiani non ebrei che seguono le notizie da vari mezzi di comunicazione. Ci sono state numerose testimonianze di solidarietà, a cominciare dal governo di Giorgia Meloni, di molte organizzazioni politiche e non, e di numerosi cittadini. C’è stato un tentativo da parte di alcuni partiti di strumentalizzare l’appoggio a Israele per cercare nuovi sostenitori, cercando di attribuire precise connotazioni politiche agli organizzatori di alcune manifestazioni anche in Toscana, purtroppo riuscendoci in alcuni casi.
A Firenze è stato fatto un serio sforzo, specialmente da parte del presidente Enrico Fink e di rav Gadi Piperno, di opporsi a questo tentativo, con risultati positivi, certamente insieme alla pressione di numerosi cittadini fiorentini sostenitori del sindaco Dario Nardella e grazie alla sua partecipazione alla manifestazione – erano presenti circa 500 persone – tenutasi in piazza del Duomo domenica 15 ottobre in favore di Israele (troverete gli interventi di Enrico Fink e di rav Gadi Piperno pubblicati su questo numero): si è cercato di non confondere l’appoggio a Israele con il sostegno al molto contestato governo israeliano capeggiato da Benyamin Netanyahu. Allo stesso modo vari movimenti israeliani, e in parte anche lo stesso governo israeliano, hanno più volte chiesto di non confondere i palestinesi e la loro causa con le atrocità degli estremisti di Hamas. È quindi non facilmente comprensibile l’atteggiamento a volte estremista anti israeliano di numerose organizzazioni islamiche e di studenti di varie università italiane e straniere. Infatti, la guerra contro Israele non fa altro che danneggiare la causa palestinese che trova in Israele e in tutto il mondo molti sostenitori. Dopo la guerra in Israele l’attenzione di molti israeliani, e soprattutto dell’Occidente, si concentrerà sulle conseguenze locali e internazionali della guerra: si guarda all’Iran, alla Russia e naturalmente agli USA, che hanno mandato subito il Segretario di Stato nella zona. Purtroppo anche in Italia ci sono stati numerosi propositi di mescolare le cose, cioè le richieste dei palestinesi per un loro Stato con le atrocità di Hamas. Non è questo il luogo per elencare i numerosi tentativi di trovare un accordo in materia; basti ricordare che è stato l’indiscusso leader palestinese Yasser Arafat a Camp David a rifiutare l’accordo proposto dall’allora premier israeliano Ehud Barak con il pieno appoggio del presidente americano Bill Clinton; l’offerta non è più stata ripetuta dai governi di coalizione dei partiti di destra o di centrodestra, per lo più capeggiati da Benyamin Netanyahu.
La guerra contro Israele ha per ora accantonato la causa per la creazione di uno Stato palestinese, fino a poco tempo fa pienamente appoggiata da una parte degli israeliani. Ora si pensa ad altro, sia localmente che a livello internazionale, e forse alcune delle forze che hanno armato e addestrato i miliziani di Hamas proprio a questo miravano. La stabilità nel Medio Oriente, con un accordo fra Israele e Arabia Saudita, e domani con altri Paesi nel Nord Africa dietro iniziativa americana, non fa parte degli interessi di altri Stati importanti con estesi interessi, politici e economici. Nella guerra di Hamas contro Israele c’è moltissima carne al fuoco,
tant’è che il presidente degli USA Joe Biden ha deciso di andare in zona di persona ma il re di Giordania Abdallah II e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi si sono rifiutati di riceverlo. Chi avrebbe pensato che regimi che godono di aiuto americano avrebbero osato sostenere questa politica, mentre ricevono aiuti generosi politici ed economici da Washington? Questo dopo la distruzione dell’ospedale di Gaza City che gli israeliani attribuiscono a un errore di lancio di un razzo di Hamas che avrebbe dovuto essere diretto verso Israele, mentre le fonti palestinesi e molte fonti arabe, oltre l’Iran e non poca parte della pubblica opinione occidentale, attribuiscono a Israele. I continui bombardamenti israeliani contro Gaza, che hanno costretto una parte della popolazione civile a abbandonare le proprie case, indeboliscono l’appoggio incondizionato a Israele che invece ha eliminato non pochi capi di Hamas con azioni mirate. In definitiva, la guerra che sempre più coinvolge civili danneggia la politica americana in favore della stabilità in Medio Oriente, e, direttamente e indirettamente, avvantaggia la politica della Russia di Putin e dell’Iran.
Leggo su La Repubblica del 18 ottobre 2023, nel pezzo di Antonio Noto I sondaggi su Hamas (p. 32) che «all’indomani del 7 ottobre il 18 % degli italiani si dichiara solidale con le posizioni politiche di Hamas, una netta minoranza rispetto al 63% che si sente vicino allo Stato di Israele», una percentuale questa penso notevolmente diminuita dopo i massicci bombardamenti dell’aviazione israeliana contro la Striscia di Gaza. Leggo alcuni giornali italiani e non capisco il motivo per il quale così poco spazio è dato alla forte opposizione interna in Israele contro la guida della guerra da parte di Netanyahu. È una guerra che Israele combatte solo in apparenza unita ma in realtà divisa sulle responsabilità di Netanyahu – che non ha ascoltato chi nell’esercito, in Egitto, in Giordania e negli Usa, lo aveva avvertito circa i preparativi di Hamas di un attacco a Israele – e sulla sua stessa capacità di leadership; tant’è che è stato costretto a inserire nel suo Gabinetto ristretto di guerra cinque persone, due delle quali che non sono mai state completamente d’accordo con la sua conduzione della guerra.
Il numero di Toscana ebraica che vi propongo esce in prossimità dell’anniversario della Dichiarazione Balfour (2 novembre 1917) che ha avuto una particolare importanza nella storia del movimento sionista e quindi nella storia della costruzione dello Stato di Israele. È stato Chaim Weizmann, che sarà anni dopo il primo presidente dello Stato di Israele, a convincere Lord Arthur James Balfour, allora ministro degli Esteri della Gran Bretagna che «“Sion e solo Sion è adatta a fare da casa per il popolo ebraico”. Da quel momento Balfour è diventato un sionista convinto […] Senza il suo aiuto non sarebbe stata emanata la Dichiarazione» (Abba Eban, My People. The Story of the Jews, Keter, Jerusalem 1972, p. 305). È da tener presente che numerosi fra i leader ebrei nel mondo erano contrari al movimento sionista, temendo che potesse danneggiare i diritti acquisiti dalle loro comunità.
Toscana ebraica pubblica l’articolo di Gadi Piperno, rabbino capo di Firenze, in risposta alle lettere di Sara Natale Sforni e di Emanuele Viterbo (Toscana ebraica 4, 2023) sul delicato e importante argomento del ghiyur qatan, cioè la conversione di un bimbo, spesso di pochi mesi, di madre non ebrea a seguito di una dichiarazione di fronte a rabbini che esprimeva il suo assenso a che il suo bambino fosse ebreo. Si trattava di una possibilità fortemente sostenuta da rav Elio Toaff z”l che ha interessato per vari anni non poche famiglie fiorentine. Infatti nella scuola ebraica della comunità fiorentina, dal dopoguerra fino a quasi la fine degli anni Settanta, c’erano allievi che studiavano in quella scuola grazie al ghiyur qatan, che da alcuni anni non è più accettato dai rabbini. A Firenze nella scuola elementare e media ebraica c’erano non pochi bambini arrivati all’ebraismo con il ghiyur qatan. La scuola fu poi chiusa gradualmente per la mancanza di alunni a causa del numero ridotto di bimbi ebrei nati da madre ebrea e del rifiuto dell’allora Consiglio della Comunità, con la maggioranza di un solo voto (se ben ricordo), di accogliere bambini di fede valdese (come nella scuola ebraica di Torino). Io che ho avuto i miei due figli allievi della scuola elementare e media ritengo che questa decisione sia stata del tutto sbagliata, come dimostra, fra l’altro, il numero dei giovani (20-40 anni) che oggi frequentano le varie attività della Comunità, compresa beninteso la parte religiosa. Dobbiamo pensare molto più al futuro delle nostre Comunità, alla maggior conoscenza, per esempio, della nostra storia. La chiusura della nostra scuola voleva dire avere ancor meno cultura di quella poca che si riusciva a dare. Il ghiyur qatan avrà certamente molte ragioni per non essere accettato, ma altrettante buone ragioni ne aveva sicuramente rav Elio Toaff, ragioni che non si possono attribuire solo a motivazioni storiche legate al dopo Shoà. È a mio avviso un approccio diverso al problema della sopravvivenza delle nostre Comunità, sempre più piccole e con meno giovani attivi. Ringrazio rav Gadi Piperno, Emanuele Viterbo e Sara Natale Sforni per aver sollevato il problema. Toscana ebraica vorrebbe essere anche un luogo di scambio di opinioni su argomenti che interessano i suoi lettori.
Buona lettura
Hulda Brawer Liberanome