Da Varsavia a Washington: la pittrice e scultrice Irena Baruch Wiley

Irena Baruch Wiley. An Artist at Large in the Diplomatic World, Gold Laef Studios, Washington D.C 2008.

Ebbe successo a Firenze nel 1929 una mostra collettiva di arte contemporanea organizzata alla Galleria Bellenghi di via Roma dal 23 gennaio al 7 febbraio. Il catalogo della mostra riporta sul frontespizio i nomi dei quattro artisti rappresentati: Irena Baruck, Ridolfo Bernardi, Giovanni Costetti e Manrico Marinozzi. Le opere esposte erano in effetti in gran parte proprio della giovane artista polacca, mentre degli altri tre è oggi perlopiù ancora ricordato Giovanni Costetti, molte opere del quale sono custodite presso la Galleria di Arte Moderna di Firenze a Palazzo Pitti.
Quanto a Irena Baruch (questa la grafia del nome da lei stessa scelta in seguito), i critici si espressero in maniera molto favorevole sulle sue opere, fra le quali alcuni bassorilievi su legno e ritratti scolpiti sempre in legno o a disegno di personaggi illustri del tempo come Federico Valerio Ratti (1877-1944), allora assai noto giornalista e drammaturgo, il filosofo Guido Manacorda (1879-1965) e Maria Carolina Giuntini (1890-1978), moglie del marchese Emanuele Corsini (1876-1958). 
La Baruch, oggi quasi del tutto dimenticata, fu scultrice, grafica e pittrice. Studiò all’Accademia di Belle Arti di Varsavia con Tadeusz Breyer (1874-1952), a sua volta allievo dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. All’annuale esposizione degli studenti nel 1925 la giovane aveva presentato un Nudo (Akt) anch’esso molto apprezzato dalla critica. Nel catalogo della mostra fiorentina si legge però che la sua formazione era già precedentemente iniziata in Svizzera e a Londra e che, in particolare, aveva studiato a Vienna con il noto scultore Anton Hanak (1875-1934), il cui influsso sulle sue opere in legno è in verità evidente. Nel 1929 partecipò a un concorso a Varsavia per la decorazione plastica della sede di una importante banca polacca (Bank Gospodarstwa Krajowego), fondata nel 1924 per iniziativa del primo ministro del governo dell’epoca, Władysław Grabski. Il suo progetto fu premiato e acquistato per essere realizzato. 
Irena proveniva da una ricca famiglia ebraica di Varsavia dedita al mercato all’ingrosso del tè. Ricevette un’accurata educazione, della quale furono parte lo studio dell’inglese e del francese, impartito da istitutrici private straniere.
La giovane si interessava anche di letteratura e mantenne rapporti con i poeti di un gruppo denominato Skamander, costituitosi a Varsavia nel 1918. La loro produzione era sostanzialmente in continuità con il movimento della cosiddetta “Giovane Polonia” ed era caratterizzata da un eclettismo stilistico e contenutistico, risultato della mancanza di una vera e propria dottrina poetica, ragion per cui nella produzione degli “skamandriti” trovarono spazio stili diversi: espressionismo, simbolismo, futurismo. I fondatori di questo gruppo, che ha un posto di particolare importanza nella storia della letteratura polacca, furono cinque giovani poeti legati con la rivista Pro Arte et Studio e poi appunto con il mensile Skamander: Julian Tuwim (1894-1953), Antoni Słonimski (1894-1980), Jarosław Iwaszkiewicz (1894-1980), Kazimierz Wierzyński (1894-1969) e Leszek Serafinowicz, il più giovane di tutti, conosciuto con lo pseudonimo letterario di Jan Lechoń (1899-1956). Tuwim e Słonimski provenivano da due delle numerosissime famiglie ebraiche totalmente polonizzate che allora erano parte del composito tessuto sociale del Paese, famiglie che, come avrebbe scritto Aleksander Hertz, «erano parte integrante della vita polacca, erano dentro questa vita e non accanto o lontano da essa». Del resto l’anima del gruppo Skamander era Mieczysław Grydzewski (1894-1970), egli stesso appartenente a una famiglia ebraica di Varsavia, il cui nome era Grützhändel, poi semplificato in Grycendler e in seguito definitivamente modificato in Grydzewski, e che della rivista Skamander fu fondatore e redattore. Modello degli “skamandriti” era Leopold Staff (1878-1957), legato a sua volta con la “Giovane Polonia”; a lui, autore di una vasta e costante produzione e dotato di una singolare capacità di rinnovamento, guardarono in realtà diverse generazioni di poeti polacchi, a volte addirittura con sentimenti di autentica venerazione, come appunto nel caso di Tuwim. Il gruppo Skamander rimase attivo fino quasi al 1939. Dei cinque, la Baruchówna mantenne rapporti soprattutto con Słonimski, del quale rimase amica dopo essere stata sua fidanzata per alcuni anni a partire dal 1925. Jarosław Iwaszkiewicz, uno dei più illustri rappresentanti della letteratura polacca e alcune opere del quale sono state tradotte anche in italiano, la ricorda nella sua corrispondenza con la fidanzata e poi moglie Anna (1897-1979), come una donna affascinante, piena di vita e di talento e ripeté tali giudizi su di lei anche in tarda età. Irena Baruch fu ospite più volte nella sontuosa residenza degli Iwaszkiewicz a Stawisko, presso Varsavia, ed eseguì nel 1927 un ritratto dello scrittore, prima in argilla poi in legno di quercia, che egli acquistò e che fino a oggi si trova nella villa, trasformata in museo dopo la morte del poeta.

Punto di svolta nella vita di Irena fu, nel 1934, il matrimonio con il consigliere dell’Ambasciata americana a Varsavia John Cooper Wiley (1893-1967), che ricopriva tale funzione dal 1931, dopo il quale ella cominciò a usare il suo secondo nome e il cognome del marito aggiungendolo al proprio: Irena Monique Baruch Wiley. Le fasi successive della vita della donna sono facilmente ricostruibili grazie alla documentazione riguardante la carriera diplomatica del marito e i suoi numerosi trasferimenti. Egli (nato in Francia, a Bordeaux, dove il padre era console degli Stati Uniti) era entrato nel servizio diplomatico americano nel 1915 e svolse attività in diversi Paesi europei (fra i quali l’Unione Sovietica, il Belgio, l’Austria, la Lituania, l’Estonia, il Portogallo), in Cina, in Iran e in America Latina (Colombia e Panama). Tali frequenti spostamenti e i compiti di rappresentanza connessi al ruolo di moglie di un diplomatico erano incompatibili con l’attività artistica di Irena e ciò si rifletté anche sulla quantità della sua produzione, che non è ricca. Nonostante ciò la Baruch, che espose anche in diverse mostre personali, ebbe un discreto successo, soprattutto come ritrattista. Fra le persone celebri che le fecero da modello vi furono Franklin D. Roosevelt, presidente degli Stati Uniti, padre Pierre Teilhard de Chardin, famoso filosofo e paleontologo francese, la principessa Ashraf Pahlavi, sorella gemella dello Scià di Persia, e un giovane John F. Kennedy, che prestò le sue fattezze a un angelo in un bassorilievo dedicato a Teresa di Lisieux. Secondo i critici la scultrice tendeva a volte a rappresentare i suoi modelli in modo troppo lusinghiero. La cerchia di amici e conoscenze della coppia era molto vasta e varia, includendo non solo personaggi del mondo politico (compresi, come detto, i Presidenti degli Stati Uniti), ma anche dell’arte e del mondo intellettuale. Nel 1939 Irena acquisì la cittadinanza americana.
Nel dopoguerra la Baruch riprese contatto con Lechoń. Entrambi vivevano ora negli Stati Uniti, sebbene con status assai diversi: lei era moglie di un diplomatico, lui un rifugiato di guerra. Il loro rapporto si intensificò negli anni, diventando molto cordiale. La donna lo aiutò occasionalmente. Dal diario che Lechoń tenne dal 30 agosto 1949 al 30 maggio 1956 risulta che fu invitato diverse volte a casa dei Wiley. Per parte sua, egli era giunto a New York l’11 agosto 1941, prevedendo di rimanervi solo per la durata della guerra e di fare in seguito ritorno a Varsavia. Le cose andarono invece diversamente. Non disposto a tornare nella Polonia comunista ricostituita nel 1945, decise infatti di rimanere negli Stati Uniti, dove di fatto era un esule con ben scarsi mezzi. Una delle sue fonti di sostentamento era costituita da una collaborazione con la sezione polacca di Radio Europa Libera (Free Europe), l’emittente radiofonica creata nel giugno 1949 per decisione del Congresso degli Stati Uniti, le cui trasmissioni avevano un carattere propagandistico filoccidentale e marcatamente anticomunista. Qualcuno scrisse in una lettera anonima alla direzione della radio rivelando l’omosessualità di Lechoń, mettendone con ciò non solo a rischio il posto di lavoro, ma rendendo anche possibile una denuncia alle autorità giudiziarie. Solo grazie all’intervento di Irena Baruch, che mise in moto le sue conoscenze, il fatto non ebbe seguito. Quindici anni più tardi, nel 1956, incapace di far fronte a una somma di difficoltà pratiche e psicologiche, il poeta giunse alla drammatica risoluzione di togliersi la vita e si gettò da una finestra dell’albergo Henry Hudson di New York. La scrittrice polacca Alicja Liebhardt (che adoperò fra i numerosi altri lo pseudonimo Litka de Barcza, 1910-1975) riporta i particolari della questione in una lettera del 29 luglio 1956 indirizzata allo scrittore Witold Gombrowicz.
Durante il periodo trascorso a Vienna dai Wiley, dopo l’Anschluss, gran parte dell’attività della legazione diplomatica americana era consistita nel procurare visti per l’espatrio a una folla di persone, fra le quali molti ebrei, in cerca di aiuto. La Baruch – che, come accennato, aveva già trascorso da ragazza un anno nella città studiando con Hanak e assisté con stupore al radicale cambiamento di clima fra l’Austria di allora e quella presente – fu pienamente coinvolta in questa azione, che descrive nelle sue memorie pubblicate a New York nel 1962 (Around the Globe in Twenty Years) come estremamente impegnativa e difficoltosa. Lei personalmente, essendo scultrice, decise di concentrarsi prioritariamente nell’aiuto di altri artisti. Fra gli episodi che coinvolsero la coppia, e Irena in particolare, è specialmente degno di essere menzionato il ruolo avuto nel giugno 1938 nel salvataggio di Sigmund Freud nella capitale occupata dai nazisti. Furono i Wiley, grazie alla loro rete di amicizie, a ottenere per Freud il permesso di espatriare, insieme con la moglie Martha Bernays e la figlia Anna, a Parigi, da dove furono poi condotti a Londra, città che, nella casa di Hampstead, ospitò Freud fino alla morte, sopraggiunta l’anno seguente (23 settembre 1939). Irena fu testimone dell’irruzione e della devastazione a opera dei nazisti nell’appartamento viennese del fondatore della psicanalisi. Nei suoi ricordi descrive il drammatico episodio e rivela che furono alcuni ricchi conoscenti dei Freud a corrompere con un grosso esborso membri della Gestapo per ottenere il permesso di espatrio dello studioso (che per altro rifiutò con vigore l’idea di trasferirsi negli Stati Uniti).
Su un altro piano, la stessa Irena ha ricordato il ruolo da lei avuto nell’incontro, al quale seguì il matrimonio, fra lo scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi e Soraya. Irena scrive che durante i ricevimenti alla corte di Teheran lo Scià più volte parlando con lei chiese scherzosamente che gli trovasse una moglie. Lei lo prese invece sul serio e dopo varie ricerche gli fece il nome di una ragazza della tribù dei Bakhtiyari di nome Soraya. Fu aiutata nella ricerca dalla sorella dello Scià, principessa Ashraf, che si mobilitò attivamente per il successo del progetto. Il matrimonio imperiale fu celebrato il 12 febbraio 1951. L’unione fu felice ma terminò nel 1958 con il divorzio in quanto Soraya non poteva avere figli.
Nella vita della Baruch c’è un particolare non chiaro riguardante la sua età: sembra che ella pospose la data di nascita dal 6 ottobre 1900 (data riportata nel Dizionario degli artisti polacchi) al 1904 (questa la data riportata nel catalogo della mostra fiorentina) e poi al 6 settembre 1906, la data ufficiale. Morì a Washington il 26 aprile 1972 e fu sepolta nel Crown Hill Cemetery di Indianapolis.

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