Nella storia della psicoanalisi del primo ventennio del XX secolo un posto particolare è occupato dalla Russia: diversamente da quanto accadde nella maggior parte dei Paesi europei, infatti, nella Russia zarista tale teoria psicologica fu accolta molto precocemente, e fu lo stesso Freud a reputare Mosca il terzo polo della psicoanalisi dopo Vienna e Berlino. Già negli anni Dieci le dottrine freudiane erano conosciute e discusse in tutti i circoli intellettuali russi, in quanto in questo Paese la psicoanalisi venne recepita come una disciplina più umanistica che medica, e quindi come una materia eminentemente culturale. In questo movimento si distinse comunque in modo particolare un cospicuo gruppo di medici di origine ebraica: Sabina Spielrein, Max Eitingon, Moshe Wulff, Aleksandr Bernštejn, Osip Fel’cman, Iosif Birštejn e molti altri. Fra questi, una figura fra le più interessanti è quella di Tatiana Rosenthal (1884-1921), alla quale è dedicato un recente volume uscito per le edizioni ETS di Pisa (2024). Il libro, Tatiana Rosenthal. Pioniera della psicoanalisi russa, è costituito da due ampi saggi. Il primo, di Maria Zalambani, professoressa di Letteratura russa presso l’Università di Bologna, ha carattere storico ed è dedicato alla psicoanalisi in Russia dalla sua introduzione nel Paese all’inizio del Novecento, alla sua rapida affermazione e al consolidamento nel nuovo Stato sovietico, alla successiva censura fino alla totale proibizione, al suo ritorno dopo la perestrojka e infine alla situazione attuale seguita alla caduta dell’Unione Sovietica.
Il secondo saggio, scritto da Leonid Kadis, psicologo e psicopatologo criminale di San Pietroburgo, è specificamente dedicato a Tatiana Rosenthal ed è il risultato di approfondite ricerche archivistiche volte a ricostruire la vita e le vicende della studiosa della quale in precedenza, a dispetto dell’aura leggendaria che la circonfuse fin dall’inizio, era in realtà noto ben poco. Ciò che di lei si leggeva era in effetti sempre attinto all’ampio necrologio che le fu dedicato nel 1921 dalla psicoanalista Sara Neiditsch, sua amica e collega. Il saggio di Kadis, qui tradotto in italiano e nell’occasione rivisto e ulteriormente arricchito, apporta quindi preziose notizie e importanti rettifiche e precisazioni del tutto nuove sulla Rosenthal, che viene presentata sullo sfondo dello sviluppo storico della psicoanalisi russa e della stessa Russia.
Il volume è seguito da un’appendice che riporta in traduzione italiana alcuni testi editi e inediti della Rosenthal: due saggi sull’interpretazione psicoanalitica della letteratura che hanno contribuito a diffonderne la fama (dedicati rispettivamente alla scrittrice danese Karin Michaëlis e a Fëdor Dostoevskij) e due testi inediti sull’educazione sessuale infantile (del 1919) e sulla psicoanalisi nella pedagogia infantile (del 1920).
Tatiana Konradovna Rosenthal nacque a Mińsk il 3 luglio 1884 in una famiglia ebraica. Il padre era un mercante, molto istruito (aveva conseguito a Riga un dottorato in Scienze del commercio). Dopo l’infanzia e la giovinezza trascorse a Vilna, in Lituania, e dopo aver terminato gli studi ed essersi perfezionata nella lingua francese, in possesso di un diploma di istitutrice, decise di intraprendere gli studi universitari. Dopo un inizio caratterizzato da una certa incertezza sia riguardo alla disciplina da intraprendere sia alla sede dove studiare, stabilì infine di studiare Medicina presso l’Università di Zurigo, allora uno dei più prestigiosi centri europei in questo settore e meta privilegiata dei giovani russi. Qui si formò in effetti la prima generazione degli psicoanalisti russi. Laureatasi a Zurigo nel luglio 1909, Tatiana conseguì nel novembre successivo l’abilitazione all’esercizio della professione medica presso l’Università di Tomsk. Si specializzò quindi nella clinica per la cura delle malattie nervose e mentali dell’Accademia imperiale militare di Medicina di Pietroburgo, svolgendo una intensa attività di studio e ricerca che progressivamente la vide entrare nei circoli e nelle società psichiatriche russe ed europee. Divenne membro della Società psicoanalitica di Vienna fra il 1911 e il 1912 ed entrò in contatto con Freud.
Il 5 gennaio 1911 presentò presso la Società psicoanalitica di Berlino la relazione Osservazioni psicoanalitiche su «L’età pericolosa» di Karin Michaëlis, che analizzava in chiave psicoanalitica il romanzo che l’anno precedente aveva reso famosa la scrittrice. Lo psichiatra e psicoanalista Karl Abraham segnalò a Freud la relazione, che infatti venne pubblicata lo stesso anno sulla rivista Zentralblatt für Psychoanalyse (il testo, riportato in appendice al volume che qui si presenta, è tradotto dalla versione russa curata dalla stessa Rosenthal).
L’altro testo, anch’esso riportato nel volume, che testimonia non solo il precoce interesse della Rosenthal verso la psicoanalisi ma precisamente verso l’applicazione di tale disciplina all’analisi dell’opera letteraria, è un saggio dedicato a Fëdor Dostoevskij, tema che Freud riprese senza peraltro fare riferimento alla Rosenthal. Che lo studio dei testi letterari come casi clinici alla luce della psicoanalisi sia stato compiuto per la prima volta in Russia non deve stupire, data la posizione di assoluto predominio della letteratura nella società e nella cultura di questo Paese, fatto che si accordava con lo stile letterario e narrativo di Freud e i «racconti» dei pazienti, senza contare che l’interpretazione psicoanalitica della letteratura, applicata alle opere di scrittori universalmente noti, si prestava a una più efficace divulgazione di questa nuova disciplina.
Negli stessi anni Tatiana fu impegnata nel movimento rivoluzionario clandestino e nel movimento socialista ebraico, noto come Bund, uno dei membri di spicco del quale era Michail Markovič Rozen (nato nel 1876 a Zabłudów nel distretto di Białystok nella odierna Polonia orientale), anch’egli medico, anch’egli ai vertici del movimento rivoluzionario clandestino, che sarebbe divenuto suo marito. Michail fu arrestato nel 1920 dalla polizia segreta di Pietroburgo e condannato a 15 anni di lavori forzati al termine di un processo farsa. La drammatica vicenda gettò nella disperazione Tatiana, peraltro fisicamente indebolita per le conseguenze di una tubercolosi polmonare contratta nel 1919, e le sue condizioni psichiche peggiorarono al punto da dover essere ricoverata in una clinica psichiatrica. Il 3 aprile del 1921 chiese al direttore dell’Istituto clinico-educativo per bambini malati di nervi di Pietroburgo di essere esonerata dal ruolo di primario che le era stato affidato in tale istituzione, per giungere il 15 aprile successivo alla tragica determinazione di togliersi la vita lasciando il piccolo Adrian, nato dall’unione con Michail il 24 agosto 1915.
Come detto, dopo le iniziali fortune, la psicoanalisi fu in Russia, a partire dagli anni Venti, progressivamente ostracizzata fino a essere del tutto proibita con l’inizio del decennio successivo, quando i vari istituti nei quali era stata studiata ed esercitata, anche sotto il patrocinio dello Stato, erano ormai già stati soppressi, al pari della stessa Società psicoanalitica russa. Uno dei non piccoli meriti del volume che qui si presenta è proprio quello di chiarire bene quali furono i veri motivi della ferma ostilità che in Unione Sovietica la psicoanalisi incontrò dopo il primo iniziale interesse, anche per intervento diretto di Stalin: essi furono in modo particolare la radicale e insanabile opposizione fra una disciplina che pone al suo centro l’individuo e una ideologia che mette al contrario alla sua base gli interessi della collettività; la concezione della società sovietica come società felice nella quale non sussisterebbero più le stesse condizioni che danno luogo alle nevrosi, e un generico moralismo assolutamente restio ad accettare, con speciale riferimento ai bambini, il ruolo centrale che la psicoanalisi assegnava alla sessualità nella vita psichica umana. Non va ravvisata dunque una reale correlazione fra le resistenze nei confronti della psicoanalisi e il fatto che così numerosi intellettuali e medici di origine ebraica se ne siano occupati e l’abbiano promossa, anche se lo stesso Freud ebbe a rilevare che forse la sua origine ebraica avrebbe potuto contribuire a spiegare tale opposizione, in quanto la ristretta cerchia attorno a lui radunata era anch’essa in gran parte composta da medici e intellettuali di origine ebraica, al pari di quello che era avvenuto in Russia. Tuttavia, di questo collegamento fu certamente fatto un uso strumentale da parte dei detrattori della disciplina, come avvenne anche, del resto, per l’interesse mostrato per essa da Lev Trockij (anch’egli ebreo), quando durante le purghe staliniane la psicoanalisi venne assimilata al trockismo, un metodo dichiarato anti-marxista e anti-leninista.
Il volume, che è molto denso e ricco di informazioni e osservazioni stimolanti, solleva questioni estremamente vaste e che interessano discipline diverse.
Nella storia della psicoanalisi del primo ventennio del XX secolo un posto particolare è occupato dalla Russia: diversamente da quanto accadde nella maggior parte dei Paesi europei, infatti, nella Russia zarista tale teoria psicologica fu accolta molto precocemente, e fu lo stesso Freud a reputare Mosca il terzo polo della psicoanalisi dopo Vienna e Berlino. Già negli anni Dieci le dottrine freudiane erano conosciute e discusse in tutti i circoli intellettuali russi, in quanto in questo Paese la psicoanalisi venne recepita come una disciplina più umanistica che medica, e quindi come una materia eminentemente culturale. In questo movimento si distinse comunque in modo particolare un cospicuo gruppo di medici di origine ebraica: Sabina Spielrein, Max Eitingon, Moshe Wulff, Aleksandr Bernštejn, Osip Fel’cman, Iosif Birštejn e molti altri. Fra questi, una figura fra le più interessanti è quella di Tatiana Rosenthal (1884-1921), alla quale è dedicato un recente volume uscito per le edizioni ETS di Pisa (2024). Il libro, Tatiana Rosenthal. Pioniera della psicoanalisi russa, è costituito da due ampi saggi. Il primo, di Maria Zalambani, professoressa di Letteratura russa presso l’Università di Bologna, ha carattere storico ed è dedicato alla psicoanalisi in Russia dalla sua introduzione nel Paese all’inizio del Novecento, alla sua rapida affermazione e al consolidamento nel nuovo Stato sovietico, alla successiva censura fino alla totale proibizione, al suo ritorno dopo la perestrojka e infine alla situazione attuale seguita alla caduta dell’Unione Sovietica.
Il secondo saggio, scritto da Leonid Kadis, psicologo e psicopatologo criminale di San Pietroburgo, è specificamente dedicato a Tatiana Rosenthal ed è il risultato di approfondite ricerche archivistiche volte a ricostruire la vita e le vicende della studiosa della quale in precedenza, a dispetto dell’aura leggendaria che la circonfuse fin dall’inizio, era in realtà noto ben poco. Ciò che di lei si leggeva era in effetti sempre attinto all’ampio necrologio che le fu dedicato nel 1921 dalla psicoanalista Sara Neiditsch, sua amica e collega. Il saggio di Kadis, qui tradotto in italiano e nell’occasione rivisto e ulteriormente arricchito, apporta quindi preziose notizie e importanti rettifiche e precisazioni del tutto nuove sulla Rosenthal, che viene presentata sullo sfondo dello sviluppo storico della psicoanalisi russa e della stessa Russia.
Il volume è seguito da un’appendice che riporta in traduzione italiana alcuni testi editi e inediti della Rosenthal: due saggi sull’interpretazione psicoanalitica della letteratura che hanno contribuito a diffonderne la fama (dedicati rispettivamente alla scrittrice danese Karin Michaëlis e a Fëdor Dostoevskij) e due testi inediti sull’educazione sessuale infantile (del 1919) e sulla psicoanalisi nella pedagogia infantile (del 1920).
Tatiana Konradovna Rosenthal nacque a Mińsk il 3 luglio 1884 in una famiglia ebraica. Il padre era un mercante, molto istruito (aveva conseguito a Riga un dottorato in Scienze del commercio). Dopo l’infanzia e la giovinezza trascorse a Vilna, in Lituania, e dopo aver terminato gli studi ed essersi perfezionata nella lingua francese, in possesso di un diploma di istitutrice, decise di intraprendere gli studi universitari. Dopo un inizio caratterizzato da una certa incertezza sia riguardo alla disciplina da intraprendere sia alla sede dove studiare, stabilì infine di studiare Medicina presso l’Università di Zurigo, allora uno dei più prestigiosi centri europei in questo settore e meta privilegiata dei giovani russi. Qui si formò in effetti la prima generazione degli psicoanalisti russi. Laureatasi a Zurigo nel luglio 1909, Tatiana conseguì nel novembre successivo l’abilitazione all’esercizio della professione medica presso l’Università di Tomsk. Si specializzò quindi nella clinica per la cura delle malattie nervose e mentali dell’Accademia imperiale militare di Medicina di Pietroburgo, svolgendo una intensa attività di studio e ricerca che progressivamente la vide entrare nei circoli e nelle società psichiatriche russe ed europee. Divenne membro della Società psicoanalitica di Vienna fra il 1911 e il 1912 ed entrò in contatto con Freud.
Il 5 gennaio 1911 presentò presso la Società psicoanalitica di Berlino la relazione Osservazioni psicoanalitiche su «L’età pericolosa» di Karin Michaëlis, che analizzava in chiave psicoanalitica il romanzo che l’anno precedente aveva reso famosa la scrittrice. Lo psichiatra e psicoanalista Karl Abraham segnalò a Freud la relazione, che infatti venne pubblicata lo stesso anno sulla rivista Zentralblatt für Psychoanalyse (il testo, riportato in appendice al volume che qui si presenta, è tradotto dalla versione russa curata dalla stessa Rosenthal).
L’altro testo, anch’esso riportato nel volume, che testimonia non solo il precoce interesse della Rosenthal verso la psicoanalisi ma precisamente verso l’applicazione di tale disciplina all’analisi dell’opera letteraria, è un saggio dedicato a Fëdor Dostoevskij, tema che Freud riprese senza peraltro fare riferimento alla Rosenthal. Che lo studio dei testi letterari come casi clinici alla luce della psicoanalisi sia stato compiuto per la prima volta in Russia non deve stupire, data la posizione di assoluto predominio della letteratura nella società e nella cultura di questo Paese, fatto che si accordava con lo stile letterario e narrativo di Freud e i «racconti» dei pazienti, senza contare che l’interpretazione psicoanalitica della letteratura, applicata alle opere di scrittori universalmente noti, si prestava a una più efficace divulgazione di questa nuova disciplina.
Negli stessi anni Tatiana fu impegnata nel movimento rivoluzionario clandestino e nel movimento socialista ebraico, noto come Bund, uno dei membri di spicco del quale era Michail Markovič Rozen (nato nel 1876 a Zabłudów nel distretto di Białystok nella odierna Polonia orientale), anch’egli medico, anch’egli ai vertici del movimento rivoluzionario clandestino, che sarebbe divenuto suo marito. Michail fu arrestato nel 1920 dalla polizia segreta di Pietroburgo e condannato a 15 anni di lavori forzati al termine di un processo farsa. La drammatica vicenda gettò nella disperazione Tatiana, peraltro fisicamente indebolita per le conseguenze di una tubercolosi polmonare contratta nel 1919, e le sue condizioni psichiche peggiorarono al punto da dover essere ricoverata in una clinica psichiatrica. Il 3 aprile del 1921 chiese al direttore dell’Istituto clinico-educativo per bambini malati di nervi di Pietroburgo di essere esonerata dal ruolo di primario che le era stato affidato in tale istituzione, per giungere il 15 aprile successivo alla tragica determinazione di togliersi la vita lasciando il piccolo Adrian, nato dall’unione con Michail il 24 agosto 1915.
Come detto, dopo le iniziali fortune, la psicoanalisi fu in Russia, a partire dagli anni Venti, progressivamente ostracizzata fino a essere del tutto proibita con l’inizio del decennio successivo, quando i vari istituti nei quali era stata studiata ed esercitata, anche sotto il patrocinio dello Stato, erano ormai già stati soppressi, al pari della stessa Società psicoanalitica russa. Uno dei non piccoli meriti del volume che qui si presenta è proprio quello di chiarire bene quali furono i veri motivi della ferma ostilità che in Unione Sovietica la psicoanalisi incontrò dopo il primo iniziale interesse, anche per intervento diretto di Stalin: essi furono in modo particolare la radicale e insanabile opposizione fra una disciplina che pone al suo centro l’individuo e una ideologia che mette al contrario alla sua base gli interessi della collettività; la concezione della società sovietica come società felice nella quale non sussisterebbero più le stesse condizioni che danno luogo alle nevrosi, e un generico moralismo assolutamente restio ad accettare, con speciale riferimento ai bambini, il ruolo centrale che la psicoanalisi assegnava alla sessualità nella vita psichica umana. Non va ravvisata dunque una reale correlazione fra le resistenze nei confronti della psicoanalisi e il fatto che così numerosi intellettuali e medici di origine ebraica se ne siano occupati e l’abbiano promossa, anche se lo stesso Freud ebbe a rilevare che forse la sua origine ebraica avrebbe potuto contribuire a spiegare tale opposizione, in quanto la ristretta cerchia attorno a lui radunata era anch’essa in gran parte composta da medici e intellettuali di origine ebraica, al pari di quello che era avvenuto in Russia. Tuttavia, di questo collegamento fu certamente fatto un uso strumentale da parte dei detrattori della disciplina, come avvenne anche, del resto, per l’interesse mostrato per essa da Lev Trockij (anch’egli ebreo), quando durante le purghe staliniane la psicoanalisi venne assimilata al trockismo, un metodo dichiarato anti-marxista e anti-leninista.
Il volume, che è molto denso e ricco di informazioni e osservazioni stimolanti, solleva questioni estremamente vaste e che interessano discipline diverse.