Firenze Ebraica. Bimestrale toscano di notizie e cultura ebraica.
Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 3628 del 3.11.1987
Direttrice responsabile:
Hulda Brawer Liberanome
Redazione:
Renzo Bandinelli
Wlodek Goldkorn
Paola Jarach Bedarida
Daniela Nencini
Milka Ventura Avanzinelli
e-mail: redazione@toscanaebraica.it
Comunità ebraica di Firenze
Via Luigi Carlo Farini, 4
50121 Firenze
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ISSN 2612-0895 (Ed. cartacea)
ISSN 2784-854X (Ed. digitale)
Impaginazione e stampa:
Nova Arti Grafiche srl – Signa (Firenze)
I numeri di Toscana ebraica sono consultabili presso la Biblioteca Marucelliana
di Firenze e la Biblioteca della Comunità ebraica di Firenze
Indice
Lettera ai lettori Hulda Brawer Liberanome
Festività e pensiero ebraico
Questione di leadership rav Gadi Piperno
Ester: un dittico a due voci Anna Segre e Maria Cristina Carratù
L’uscita dall’Egitto Hulda Brawer Liberanome e Daniela Nencini
Cultura
Rav Kook e il vegetarianismo in una visione di pace universale rav David Gianfranco Di Segni
Messaggi ebraici nella Cappella Sistina Daniele Liberanome
La Haggadà di Poblet Giorgio Jellici
Una famosa conversione Umberto Fortis
L’incontro di due anime nella figura di Edith Stein Giorgia Sogos Wiquel
Shoà, Genocidi, Resistenza
Dentro al recinto del Tempio. La prima lapide della Shoà fiorentina, 18 novembre 1951 Marta Baiardi
La Polonia alle prese con la Memoria Wlodek Goldkorn
Lettera di Amalia Sadun Camerino al Prefetto di Firenze, agosto 1945
Il Giorno della Memoria, quale? Hulda Brawer Liberanome
Altre 25 Pietre d’inciampo a Firenze Renzo Bandinelli
Israele
Pasqua, festa tesa tra liberazione e libertà David Palterer
Le architetture islamiche di Gerusalemme nella propaganda araba e sionista Filippo Tedeschi
La Lezione di Omar Alessandro Treves
Il carovita Tullio Sonnino
Domande e risposte ‘al reghel achat
Il voto di Yiftach rav Crescenzo Efraim Piattelli
Dalle Comunità
Firenze
La trama di una parokhet fiorentina al femminile Ariet Lea Jelinek e Micol Tinelli
Siena
Saluto a rav Crescenzo Efraim Piattelli
Pisa
Giornata di Studi Under Gentile Eyes Mafalda Toniazzi
Il Rabbino e il Presidente Piero Nissim
Anagrafe
Varie
Firenze, 11 marzo 1872 Lionella Neppi Modona Viterbo
Il dialogo Rosanna Supino
Sala di preghiera e del silenzio a Careggi Renzo Bandinelli
In Versi
Marcello Buiatti Piero Nissim
Presto Alessandro Nocchi
Libri e film
Ricostruzione di un’anima recensione di Renzo Bandinelli
Se solo il mio cuore fosse pietra recensione di Marinella Mannelli
Il libro dei nomi perduti recensione di Lionella Neppi Modona Viterbo
La Metamorfosi dei Papaveri recensione di Alessandro Treves
Segnalazioni
Lettere
Memoria della Giornata Dino Perroni
Ricordo di
Fiorella Bemporad Shabtay Milka Bemporad Spizzichino; Tullio Sonnino
Carla Piazza Lampronti Maurizio Lampronti
Franco Spizzichino Milka Bemporad Spizzichino
Auguri della Redazione
Lettera ai lettori
Il numero doppio di Toscana ebraica si occupa dei due argomenti principali, di Pesach e della Shoà, insieme ad altri a essi collegati. Rav Gadi Piperno scrive della leadership dei tre fratelli – Miriam, Aharon e Moshé – «il cui contributo, a diverso titolo, fu fondamentale», quanto diverso per la nascita del popolo di Israele, con l’uscita dall’Egitto e il ricevimento della Torà ai piedi del Monte Sinai. Il ruolo di Miriam è determinante, scrive Piperno, per la stessa vita di Moshé neonato, bimbo e poi giovane cresciuto nel palazzo del Faraone, ma anche quando diventa leader, unico per importanza nella nostra storia. Infatti sorella e fratello restano sempre molto legati e nessuno di loro ha passato ai figli l’eredità del particolare ruolo ricoperto, a differenza di Aharon, il “portavoce” del grande fratello (che ha anche peccato), i cui discendenti sono fino ad oggi i kohanim.
Per la prima volta pubblichiamo due articoli su Ester, di Anna Segre e di Maria Cristina Carratù; Segre collega Purim a Pesach citando il Midrash e scrive «Quanti hanno notato che la storia di Purim in realtà si svolge durante Pesach?»; e che Ester «quando impone a tutti gli ebrei di digiunare, si sta assumendo la responsabilità di decidere che quell’anno non ci sarà nessun seder di Pesach». Le due autrici si domandano – come molti di noi – chi era in realtà Ester-Hadassà: una donna passiva e sottomessa, di poco carattere che nasconde la sua identità ebraica e che decide di reagire alla condanna solo dopo che lo zio Mordekhay l’avverte che anche lei regina non si salverà? Oppure una donna che ha preso le sue decisioni, interviene e salva il suo popolo? È descritta invece da Jellici la poco conosciuta Haggadà di Poblet, in Catalogna, illustrata su pergamena nel XIV secolo e conservata nel locale monastero. Jellici menziona anche la famosa Haggadà illustrata di Sarajevo acquistata nel 1894 dal nascente museo della città e ancora oggi ivi custodita.
David Palterer lega Pesach, la festa di liberazione con le sue ricche tradizioni, alla costituzione dello Stato di Israele che «per la maggioranza degli ebrei è considerato אתחלתא דגאולה, inizio della redenzione non solo per i residenti ma per l’intera nazione sparsa nel mondo», e mette in rilievo l’intimo legame fra la festa e la particolare forma ebraica della memoria che è anche un sistema di «relazioni interpersonali».
Studiosi e scienziati, specialmente negli ultimi due secoli, si sono domandati se la Bibbia – il nostro TaNaKh – può considerarsi in qualche parte un documento storico affidabile visto che, ad esempio, del racconto dell’uscita dall’Egitto di 600.000 figli di Israele all’epoca del grande faraone Ramesse II non vi è cenno in nessuno dei numerosi e dettagliati documenti egiziani e neanche negli scavi archeologici. Le risposte date a questa importante domanda sono numerose e diverse e ne pubblichiamo alcune citate da Daniela Nencini e da me, tratte da scritti di noti studiosi. La Bibbia, probabilmente il libro più diffuso nel mondo, è sempre stata studiata e non solo da noi ebrei. Daniele Liberanome scrivendo su “Messaggi ebraici nella Cappella Sistina” sottolinea la buona conoscenza di alcune parti del testo biblico originale da parte di Michelangelo Buonarroti, come dimostrano i suoi affreschi di personaggi come il profeta Geremia, Davide e Golia, Adamo e Eva o Giona.
Del vegetarianismo nella Bibbia e nella tradizione ebraica postbiblica scrive rav David Gianfranco Di Segni basandosi su studi fatti da rav Kook, uno dei più grandi rabbini del secolo scorso. È un’alimentazione, scrive Di Segni, «considerata la condizione ideale e primigenia dell’umanità», ritenuta tale da numerosi commentatori del testo biblico, compreso il Talmud babilonese. Secondo rav Kook le regole della kasherut permettono di mangiare la carne ma questa è «una condizione temporanea e non ideale». Pesach è stata purtroppo anche la circostanza di tante delle tragedie per il nostro popolo, come delle calunnie dell’uso di sangue cristiano per la fabbricazione delle matzot, ma con la Shoà è ricordata anche come la data dell’inizio della più grande rivolta ebraica, quella del ghetto di Varsavia contro i massacri e i Campi di sterminio. Il Giorno “del ricordo della shoà e dell’eroismo”, Yom ha-zikkaron la-shoà wela-ghevurà, stabilito dalla Knesset e osservato nello Stato di Israele, è stato pensato con riferimento alla rivolta di quel ghetto fra la fine di Pesach, per non turbare la festività, e Yom ha‘Atzma’ut, l’anniversario della nascita dello Stato; la data dell’insurrezione del ghetto di Varsavia è stata scelta anche dalla Polonia per il Giorno della Memoria. Altri giorni dedicati alla Memoria sono elencati nel mio scritto sull’argomento, compreso il 10 di tevet scelto dal Rabbinato israeliano e il 27 gennaio, giorno della liberazione del Campo di sterminio di Auschwitz deciso dall’ONU.
Wlodek Goldkorn ci riporta alla realtà polacca durante la Shoà e nel dopoguera fino a tempi più recenti, analizzando il dibattito sull’atteggiamento di molti polacchi verso la tragedia ebraica e il ricordo che ne è rimasto proprio nel Paese che ha visto il più grande massacro di ebrei mai avvenuto. Pubblichiamo la commovente lettera al Prefetto di Firenze scritta da Amalia Sadun, madre di sei bambini – il più piccolo di sei anni; la loro disperata fuga in Svizzera, le difficoltà là incontrate e la delusione al rientro a Firenze, costretti ad affrontare una realtà problematica anche per l’indifferenza verso le loro vicende: ecco il motivo della sua lettera del 1945 che ci ha inviato la nipote Angela.
Mentre Amalia Sadun scrive della sua dura esperienza personale, Marta Baiardi informa con dettaglio sulle vicende della deportazione da Firenze, soprattutto verso Auschwitz, di oltre 300 ebrei ai quali la Comunità locale ha dedicato nel 1951 una lapide ancora oggi esistente nel giardino del Tempio. Nello stesso anno il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta di danni avanzata da sopravvissuti e famigliari di ebrei non ritornati dai Campi. Ambigua e complessa è stata in Italia la reazione individuale e ufficiale alla tragedia ebraica e lo è purtroppo in forme assai diverse anche oggi. Renzo Bandinelli ricorda le 25 recenti Pietre di inciampo poste a Firenze e provincia per ricordare ebrei deportati dai nazifascisti e non ritornati. Chi credeva e tuttora ritiene gli “italiani brava gente” dovrà pur rendersi conto che la realtà era assai più complessa, e con il crescente antisemitismo lo è ancora.
Esiste da tempo anche un dialogo costruttivo fra ebrei e membri di altre religioni che tuttavia coinvolge attivamente un numero relativamente ristretto di persone. Ne danno notizia Renzo Bandinelli (Careggi, Firenze) e Rosanna Supino (Presidente Associazione Medica Ebraica). E un simile confronto è stato l’argomento centrale della giornata di studi organizzata dall’Università di Pisa e per noi riportata da Mafalda Toniazzi.
Filippo Tedeschi si domanda come i sionisti, la popolazione ebraica che viveva in Eretz Israel prima e dopo la costituzione dello Stato e gli arabi palestinesi (e non) consideravano alcuni monumenti di Gerusalemme famosi nel mondo, come le grandi moschee e la Torre di David. Per rispondere alla domanda Filippo Tedeschi esamina centinaia di quadri, disegni poster, manifesti e foto per verificare la diversità del loro utilizzo da ebrei e musulmani, argomento della sua tesi di laurea all’Università di Bologna. Alessandro Treves che per una parte dell’anno vive in Israele, si sofferma su alcune fondamentali problematiche per il futuro di Israele circa la convivenza israeliano-ebraica e palestinese anche nelle zone dell’Autonomia palestinese e degli insediamenti ebraici che godono di notevoli privilegi. Dopo anni che un possibile tentativo di accordo è stato messo da parte, si domanda se, quando e come si riprenderà questo discorso con un governo israeliano che ha nella sua coalizione un partito arabo e che per alcuni aspetti ha dimostrato una certa sensibilità per le richieste dei palestinesi di cittadinanza israeliana, ma anche quale sarà la reazione palestinese, in piena crisi di leadership.
La lotta contro il Covid-19 mette in risalto notizie al riguardo da Israele, al centro dell’interessamento non solo da parte di chi se ne occupa professionalmente ma anche del largo pubblico. Quindi sentiamo parlare dell’importanza di Israele come esempio particolare dal punto di vista medico-scientifico e politico. Tullio Sonnino nel suo articolo sottolinea un altro aspetto della particolarità israeliana, positiva per alcuni e negativa per altri, cioè la questione del carovita che mette Tel Aviv al primo posto davanti a città come Parigi o New York! Edith Stein, ebrea convertita al cattolicesimo diventata suora, beatificata a Roma l’11 ottobre 1998 e proclamata “patrona d’Europa”, ha cercato, secondo quanto a suo tempo ha scritto, di avvicinare le due religioni, la sua di nascita e quella cattolica di adozione: tragica la storia di questa eccezionale donna che forse ci è riuscita solo al momento della morte ad Auschwitz, suora, eliminata perché considerata dai nazisti ebrea. Altri ebrei, compresi alcuni noti rabbini e la più antica famiglia del ghetto di Ceneda (dal 1764), si sono convertiti lasciando l’ebraismo per la religione cattolica per convinzione o per convenienza, come molti altri personaggi del nostro popolo specialmente a partire dall’800. Del fenomeno italiano (compresa la storia del librettista di Mozart) scrive nel suo articolo Umberto Fortis, ma molti sono gli episodi conosciuti ovunque nel mondo ebraico, basti pensare a personaggi come il poeta Heinrich Heine, considerato fra i più grandi poeti in lingua tedesca, o a Gustav Mahler, il geniale compositore (entrambi hanno però mantenuto un certo legame con l’ebraismo) o a battezzati da piccoli come Karl Marx. Lea Jelinek e Micol Tinelli raccontano di una parokhet fiorentina ricamata nel 1917 da un gruppo di donne e attualmente in fase di restauro per essere esibita appena possibile nel Museo ebraico di Firenze.
Buona lettura e buon Pesach
Hulda Brawer Liberanome