Le architetture islamiche di Gerusalemme nella propaganda araba e sionista

Quale ruolo hanno avuto nella propaganda sia araba che sionista le principali architetture islamiche di Yerushalaim? E soprattutto: possiamo notare dei cambiamenti in concomitanza dei principali mutamenti geopolitici nella regione? Questi erano i miei ultimi argomenti di ricerca presso l’Università di Bologna prima di prendere servizio in Comunità a Firenze e con molto piacere proverò a riassumervi i principali risultati della mia ricerca. Importante precisare che per raccogliere il materiale ci si è concentrati sulle arti visive di larga tiratura e consumo come poster, volantini, francobolli, film e pubblicità, cercando immagini dal forte impatto comunicativo immediato. Si è ristretto il campo di ricerca a un piccolo numero di monumenti di Gerusalemme, i più famosi e significativi dal punto di vista identitario sia della parte palestinese, e più in generale araba, che di quella sionista o anche solo israeliana. La scelta non poteva che ricadere sulle due principali “cupole” della spianata delle moschee sul Monte del Tempio, la Qubbat al-ṣaḫrā, comunemente nota in italiano come Cupola della Roccia, costruita dal secondo califfo Abd al-Malik, e la vicina moschea al-Aqsa. Altro importante edificio che è sembrato opportuno inserire è la Torre di David, parte più elevata del più grande complesso della Cittadella di David che sorge a fianco della porta di Yafo. Il nome attuale di questa torre, chiaramente rivendicativo della originaria ebraicità della fortificazione, non può comunque nascondere il fatto che essa è stata eretta con l’intento di essere un minareto. La torre è stata abbattuta e ricostruita più volte dalle varie dinastie islamiche e quella attuale sembra essere di matrice ottomana (XVII secolo), anche se qualche storico dell’arte sostiene che invece la torre sia la stessa di epoca mamelucca (XIV secolo).
Il materiale da me raccolto era arrivato a contare oltre 250 immagini che hanno coperto un arco temporale che partiva dagli ultimi anni dell’Impero ottomano (il documento più antico è datato 1900) e si concludeva con l’allora strettissima attualità dell’ultimo anno della amministrazione Trump e la nascita degli Accordi di Abramo.
Subito è parso evidente come questo materiale non fosse solo facilmente suddivisibile cronologicamente, ma che ci fossero anche delle evidenti variazioni a livello simbolico il cui cambiamento avveniva in concomitanza delle principali fasi belliche del conflitto arabo-israeliano: il 1948 con la nascita dello Stato d’Israele e le prime guerre d’indipendenza; il 1967 e la Guerra dei sei giorni, il 1973 e la Guerra del Kippur, gli Accordi di Camp David e la Prima guerra del Libano ed infine il 1987 con la prima Intifada, dalla nascita di Hamas che ci conduce fino allo stato attuale del conflitto che tutti ben conosciamo. 
Un primo esempio del lavoro di ricerca è il “VISIT PALESTINE” (fig. 1), uno dei poster più famosi tra quelli raccolti: si tratta di una immagine disegnata nel 1936, sotto il Mandato britannico, da uno dei principali illustratori del sionismo socialista del primo Novecento, Franz Krausz. Ebreo austriaco che aveva fatto la ‘aliyà all’inizio degli anni Trenta, riceverà maggior notorietà soltanto a partire dagli anni Sessanta, quando alcuni suoi lavori verranno commissionati dall’organizzazione mondiale della Hashomer Hatzair e dalla El Al. L’immagine nasceva con il chiaro intento di incoraggiare gli ebrei europei a compiere la ‘aliyà sfruttando (come avverrà per tutto il periodo precedente alla fondazione dello Stato d’Israele) il fascino esotico di Eretz Israel. Si tratta di una vista sulla città, dalla prospettiva del Monte degli Ulivi. Di conseguenza in primo piano troviamo proprio la Cupola della Roccia e nella parte bassa dell’immagine è scritto a grandi lettere «VISIT PALESTINE».

Fig. 1: Visit Palestine Yellow. Franz Krausz, 52 x 82 cm. Inglese. 1936 Palestine Poster Project / Franz Krausz (1905 – 1998) (web) https://www.palestineposterproject.org/poster/visit-palestine-original

Va detto che la maggiore popolarità di questo manifesto arriverà solo negli anni Novanta, quando un altro artista israeliano chiederà il permesso all’autore di ripubblicare l’opera esattamente così come era stata presentata sessant’anni prima, facendo notare come lo stesso identico poster avesse assunto con il passare dei decenni una chiave di lettura totalmente opposta. Non solo: da quel momento tantissimi artisti palestinesi hanno iniziato a riutilizzare lo stesso soggetto, ma questa volta modificandolo (fig. 2), dando il via ad una campagna mediatica virale dichiaratamente antisionista. Si tratta quindi di un esempio estremamente interessante di un’immagine che è nata sionista e a sessanta anni di distanza è diventata simbolo della fazione opposta.

La Guerra dei sei giorni segna nuovamente un cambiamento di rotta. L’ingresso dell’esercito israeliano in Città vecchia, a Hebron e la conquista di tanti altri luoghi cari al popolo ebraico fa tornare la Cupola della Roccia all’interno dello skyline della Yerushalaim della propaganda sionista, consciamente e talvolta anche inconsciamente, nel segno della normalizzazione del controllo israeliano sulla città. Gli anni Sessanta sono gli anni del consolidamento dell’identità palestinese, della necessità degli arabi originari del territorio precedentemente amministrato dal Mandato britannico di stimolare ulteriormente un’identità propria. Uno sforzo identitario che era stato fino ad allora rimandato nella speranza di una rapida vittoria degli Stati arabi e del ritorno dei profughi alle loro abitazioni. Sono infatti anche gli anni di Settembre Nero, ma i simboli della prima propaganda propriamente palestinese non attingono ancora alla Cupola della Roccia e si attengono piuttosto agli standard ideologici internazionali dei movimenti socialisti.
La profonda delusione derivante dall’ulteriore sconfitta del 1973 nella Guerra del Kippur impose all’OLP l’apertura di una riflessione più ampia sul ruolo stesso dell’organizzazione e su quali contenuti culturali si dovessero porre alla base di questa identità palestinese, contenuti che dovevano riuscire ad andare ben oltre la semplice, seppur fondamentale, rivendicazione territoriale politicamente schierata a sinistra – e che al contempo permettessero ai palestinesi di smarcarsi maggiormente (almeno in senso culturale) dall’identità giordana alla quale ancora gran parte dei nuovi palestinesi era molto legata.
La Cupola della Roccia diventa quindi il simbolo perfetto per riunire sotto tutti i punti di vista la nuova rotta palestinese. Una simbologia che affiancava alla Cupola della Roccia anche la kefiya, le armi, ma soprattutto la figura femminile, di una al-Quds e di una Cupola della Roccia madri del popolo. Ne è un esempio il manifesto fatto da Helmi el-Touni per Fatah, nella quale una donna palestinese porta sul capo un cesto di arance (altro simbolo di rivendicazione palestinese), mentre sul petto della donna è raffigurata la Cupola della Roccia e sotto la scritta in arabo «Al Qudsfi qalb», Gerusalemme nel cuore (fig. 3).  

Fig. 3: Jerusalem is in the Heart. Helmi el-Touni, 33 x 47 cm. Arabo. 1977 Palestine Poster Project / Dar al Fata alArabi (web) https://www.palestineposterproject.org/poster/jerusalem-is-in-the-heart-original

Dal punto di vista israeliano sono invece gli anni del rilancio turistico, in particolare quello religioso, e la Cupola della Roccia si assesta in una posizione decisamente più marginale della propaganda, diventando ancora fino ad oggi simbolo della multiculturalità e multireligosità di cui Israele si vuole fare casa.
Ultimo grande cambiamento storico rilevante ai fini della ricerca è la nascita dell’ala islamista dei movimenti d’indipendenza palestinese, il cui partito principale è sicuramente Hamas e che porta alla svolta delle Intifadat e conseguentemente ad una rivisitazione del simbolo della Cupola della Roccia sotto un aspetto più religioso. Particolare accezione di questo aspetto religioso è il particolare utilizzo della Cupola della Roccia come sfondo delle foto dei “martiri” della causa palestinese. Oltre alla donna, anche il giovane, il simbolo delle nuove generazioni, diventa centrale all’interno della propaganda che per certi versi diventa anche più cruda e violenta, come è dimostrato dal manifesto (fig. 4) commissionato dall’OLP all’artista Jamal al-Afghani. In questo poster vediamo la kefiya che copre il volto di un uomo lasciandone svelati solo gli occhi carichi di rabbia, o forse di frustrazione, che si trasforma in due mani destre, la prima che regge una pietra, la seconda aperta a reggere sul suo palmo la Cupola della Roccia e l’intera città di Gerusalemme. Nella parte bassa del manifesto, vi è un verso tratto da una poesia del poeta Tawfiq Ziyad, Ānādīqum “Io vi chiamo”, che recita «nušid ‘ala āyādīqum», tradotto accanto un po’ liberamente in inglese «We shall grasp hand to hand». Il conflitto, sempre più israelo-palestinese invece che arabo-sionista, si fa anche mediatico, sfruttando i nuovi canali di produzione e distribuzione digitali della propaganda nelle forme audiovisive. Internet e tutte le sue piattaforme virtuali diventano incubatori di una propaganda sempre più virale, ma allo stesso tempo capillare e mirata, difficilmente capace di modificare l’opinione delle masse, ma estremamente efficace nell’inasprire i toni del dibattito e nel consolidare l’opinione di entrambi gli schieramenti.

Fig. 2: Visit Palestine – Des Affiches Pour Gaza. Matias Roland Decraene. Inglese. 2014 Palestine Poster Project (web) https://www.palestineposterproject.org/poster/visit-palestine-des-affiches-pour-gaza

Tutto cambia nel 1948, quando con la nascita dello Stato ebraico la città vecchia di Gerusalemme rimane sotto il controllo dei giordani. È in quel momento che la Torre di David, posta proprio sul confine delle mura della città, diventa il simbolo delle aspirazioni israeliane su Gerusalemme. Di ciò abbiamo prova, tra l’altro, in tanti manifesti politici dei partiti sionisti, principalmente schierati a destra, ma non solo. Della Cupola della Roccia più nessuna traccia. Dal punto di vista arabo, questo è il periodo in cui la Giordania, alla cui monarchia viene affidata la custodia della Cupola della Roccia, inizia a pubblicare una lunga campagna di propaganda di pubblicizzazione del luogo sacro, ad esempio tramite la filatelia (molto noto e ricercato dai collezionisti è il francobollo stampato in occasione della visita a Gerusalemme di papa Paolo VI).

Fig. 4: Hand to Hand. Jamal al Afghani, 48 x 70 cm. Arabo e inglese. 1988 Palestine Poster Project / Palestine Liberaton Organization (PLO) (web) https://www.palestineposterproject.org/poster/hand-to-hand

In conclusione, se la Cupola della Roccia, la moschea di al-Aqsa o la Torre di David sono simboli a cui si è così ampiamente attinto per la propaganda di una parte o dell’altra è proprio perché quegli edifici sono facili appigli per smuovere le coscienze del pubblico. Sono la sintesi identitaria, anche se ovviamente per motivi diversi, di entrambe le parti in causa. Ciò è riscontrabile nella passione che si riesce ad apprezzare in molte delle immagini che ho avuto modo di analizzare, nell’attaccamento in particolare a Gerusalemme e ai suoi simboli. Un sentimento che, mi permetto di far notare, potrebbe diventare, da origine dello scontro, la base comune su cui poter gettare le fondamenta per la soluzione di un conflitto che, per il valore politico e spirituale che porta con sé, rimane uno dei nodi cruciali della politica internazionale dei nostri tempi.

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