Sono arrivato in Israele con la borsa di studio Na’ale, alla scuola di Ayanot, senza conoscere abbastanza né l’inglese né l’ebraico, ed ero un po’ preoccupato. Appena atterrato al Ben Gurion, i miei madrickim mi hanno accolto con un mega cartellone di benvenuto solo per me, e mi hanno dato cibo e acqua come benvenuto dopo un lungo viaggio: ho pensato che forse non sarebbe stato poi così difficile ambientarmi!
Ad Ayanot non c’è solo la scuola, dove la mattina studiamo ebraico, matematica, scienze e altre materie tra cui quella di indirizzo (io ho scelto nutrizione e cucina). Si crea un legame, i tuoi compagni del gruppo diventano quasi tuoi fratelli e i tuoi madrikhim quasi i tuoi genitori.
Quando c’è una festa ebraica, qui facciamo attività legate all’evento, e abbiamo modo di celebrare sia a scuola che fuori. Per Tu bishvat abbiamo decorato l’esterno e mangiato all’aperto, ora invece stiamo preparando una recita per Purim, poi vedremo per Pesach!
Quando c’è un giorno speciale, organizziamo qualcosa con la scuola. Ad esempio, poco tempo fa è stato il cinquecentesimo giorno degli ostaggi in mano ai terroristi e abbiamo fatto una foto con le magliette gialle bianche e nere che è stata mandata alle famiglie degli ostaggi. Oppure un altro giorno abbiamo cucinato delle torte per i soldati dell’esercito e poi siamo andati direttamente a consegnarle a loro. Entrambe queste esperienze sono state molto coinvolgenti e mi fanno sentire parte di questa vita.
Una volta a settimana oltre alle lezioni ci sono delle ore di lavoro, e questo ci permette di guadagnare dei soldi; si tratta di un’attività che mi piace particolarmente perché si fa sempre qualcosa di nuovo. Queste tre ore di mesheq, come si chiama in ebraico, sono sempre lavori per la scuola e si imparano nuove cose: c’è un laboratorio dei profumi dove sono stato all’inizio, e per Chanukkà ho portato a casa un piccolo profumo fatto da me per mia nonna. Ora sono nella riparazione di ciò che si rompe a scuola, e lo trovo molto utile perché imparo di persona cose utili come imbiancare o riparare un tetto. Il personale del mesheq parla quasi sempre ebraico, tra l’altro, ed è un modo per impararlo meglio.
Abbiamo fatto diverse gite per conoscerci meglio e anche per vedere il Paese (ad esempio al Mar Morto o lungo lo Yarkon a Tel Aviv) e abbiamo avuto delle serate speciali, come di recente quella del 15 di shevat. Nel tempo libero posso praticare sport e vado a giocare a pallavolo, ma ho conosciuto anche ragazzi più grandi con cui ogni tanto gioco a calcio.
Certe volte esco con i miei amici per andare a fare shopping in città, mentre a volte nei weekend liberi rimango a scuola per Shabbat (e dormo perché le giornate sono molto intense o vado al Tempio) o sono ospite dalla “mia famiglia”. Si tratta di persone che volontariamente, senza conoscermi, si sono offerte di ospitarmi per Shabbat o per le feste. Sono molto gentili e accoglienti e con loro mi trovo molto bene, oltre ad essere un aiuto per cose pratiche che da solo ancora non so fare (come trovare dove andare a tagliarmi i capelli o comprare dei vestiti). Ho anche una signora italiana che aveva cercato ragazzi della scuola da ospitare e a volte vado dalla sua famiglia.
Dormo in stanza con altri ragazzi, e nelle camere si crea un legame unico che con il passare del tempo si fortifica. Certe volte il nostro rapporto viene messo alla prova perché qui non è tutto facile (qualcuno magari non rispetta il turno di pulizia o per buttare la spazzatura o vuole ascoltare la musica a tutto volume, ad esempio) ma ci sono tante persone con cui mi trovo molto bene. Arriviamo da tutte le parti del mondo, e se il mio amico canadese parla ora un po’ di italiano, io ho iniziato a conoscere qualche parola di russo!
Da Ayanot per ora è tutto…
Stay tuned!